
Descrizione
SENTIERO DELLA MEMORIA DELLA VALLE DI CINTOIA
I luoghi delle stragi nazifasciste del 1944
Percorso ad anello, con inizio a La Panca, dal monumento alle vittime civili delle stragi nazifasciste del ’44 nel Comune di Greve.
Difficoltà media per tratti di discesa ripida e necessità di attraversamento di guadi sui borri nel tratto fra La Panca e Buonasera. Una parte del percorso fra Buonasera e Querceto è su strada asfaltata.
L’escursione tocca alcuni dei luoghi dei più efferati eccidi compiuti dagli oppressori nazisti, con la vile collaborazione dei fascisti locali, nei giorni che precedono il passaggio del fronte della seconda guerra mondiale. A Villa Buonasera, il monumento si trova ai piedi di un’imponente quercia secolare. A Querceto, la lapide è posta sul muro del cortile interno del castello. Nel bosco di Venagrossa, il cippo è immerso nella vegetazione del pendio.
Fra le vigne di Querceto e il passo del Sugame, si apre un punto panoramico sulla valle di Cintoia e i prospicienti monti Scalari dove operava la Brigata partigiana Sinigaglia, e su Pian d’Albero, dove trovarono la morte partigiani e civili per mano dei nazisti.
Possibili estensioni su altri itinerari, in particolare da Rugliana verso San Giusto e Venagrossa, e viceversa.
Anello completo
Lunghezza: km 11
Quota altimetrica: min. m 360, max m 600 s.l.m.
Dislivello: 350 metri
Tempo di percorrenza: circa 3 ore e mezza
Modalità di percorrenza: a piedi
Grado di difficoltà: medio
Altimetria
SENTIERO DELLA MEMORIA DELLA VALLE DI CINTOIA
1 Gli eccidi nella valle di Cintoia
“Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”
(Piero Calamandrei, 1955)
Nell’estate del 1944, il fronte della seconda guerra mondiale attraversò il territorio del nostro Comune.
Furono mesi tragici per la popolazione, soprattutto nelle campagne dove i contadini vivevano ‘alla macchia’: nascosti nei boschi, appiattati nei rifugi, per sfuggire alla spietata caccia all’uomo messa in atto dagli occupanti tedeschi con la collaborazione dei fascisti locali.
I nazifascisti, ormai in ritirata, compirono orrende stragi di civili inermi per terrorizzare la popolazione affinché non aiutasse i partigiani della Brigata Sinigaglia che agivano sui Monti Scalari, in collegamento con gli Alleati, per liberare il territorio.
Da Lamole, in questa valle, fino a San Polo, furono catturate, torturate e uccise persone di ogni età. I loro nomi sono scritti nella lapide di questo monumento.
Ricordiamo tutte le vittime innocenti di quegli eccidi, che con il sacrificio della vita ci hanno permesso di conquistare libertà e democrazia.
Vittime delle stragi nazifasciste del 1944 nel Comune di Greve
Natale Ardinghi, mezzadro, di anni 20, ucciso a Lamole
Quintilio Bandinelli, contadino, di anni 47, ucciso a Querceto
Carlo Bani, invalido, di anni 64, ucciso a Monte Moggio
Zelindo Bernacchioni, mezzadro, di anni 33, ucciso a Querceto
Dina Buoncristiani, staffetta partigiana, di anni 37, uccisa a Panzalla (San Polo)
Corinto Burgassi, contadino, di anni 55, ucciso a Villa Buonasera
Luigi Burgassi, mezzadro, di anni 67, ucciso a Uzzano
Dante Calvelli, mezzadro, di anni 35, ucciso a Venagrossa
Pindaro Ermini, bracciante, di anni 67, ucciso a Lucolena
Lino Falsettacci, partigiano, di anni 18, ucciso a Sant’Andrea a Campiglia
Giulio Fanucci, fattore, di anni 75, ucciso a Querceto
Gino Ferruzzi, mezzadro, di anni 28, ucciso a Venagrossa
Elio Forni, operaio agricolo, di anni 38, ucciso a Querceto
Dante Gabrotti, garzone, di anni 29, ucciso a Cintoia Bassa
Surien Kirakonzia, partigiano, di anni 26, ucciso a Monte Moggio
Armando Merendoni, contadino, di anni 21, ucciso a Lucolena
Pietro Olmastroni, mezzadro, di anni 68, ucciso a Lucolena
Natale Pacenti, mezzadro, di anni 33, ucciso a Villa Buonasera
Olinto Paolini, mezzadro, di anni 61, ucciso a Querceto
Giulio Parigi, contadino, di anni 16, ucciso a Strada in Chianti
Ettore Parrini, artigiano, di anni 20, ucciso a Monte Moggio
Antonio Pianigiani, mezzadro, di anni 55, ucciso a Querceto
Gino Pianigiani, mezzadro, di anni 21, ucciso a Querceto
Alessandro Rossi, partigiano, di anni 20, ucciso a Monte Moggio
Silio Scarselli, commerciante, di anni 48, ucciso a Villa Buonasera
Pietro Stefanini, maresciallo dei Vigili urbani di Firenze, di anni 57, ucciso a Panzalla (San Polo)
Fedele Vettori, commerciante di legname, di anni 49, ucciso a Villa Buonasera
Ferdinando Vettori, mezzadro, di anni 45, ucciso a Villa Buonasera
2 Eccidio di Villa Buonasera
Nel luglio del 1944 questa valle era occupata dai tedeschi che avevano posto il comando a Villa Buonasera. Sui Monti Scalari operavano i partigiani della Brigata Sinigaglia. I tedeschi, a corto di viveri e ormai incalzati dagli eserciti alleati, erano sempre più incattiviti nei confronti della popolazione, pronti a scatenare feroci rappresaglie al minimo sospetto che la gente collaborasse con i ribelli. Un contadino aveva nascosto i buoi nei boschi della Fonte al Gallo, sul versante del monte di Badia Montescalari. Il 20 luglio, i tedeschi scoprirono dove era nascosto il bestiame, il contadino chiamò in aiuto i partigiani e ci fu un conflitto a fuoco: furono feriti due tedeschi uno dei quali in modo grave. I tedeschi feriti furono portati a Villa Buonasera e lì quello più grave morì. Fu questa la causa che scatenò l’ordine immediato del rastrellamento di uomini dalle case coloniche circostanti. Gli ostaggi furono rinchiusi nella villa e minacciati di morte se non avessero rivelato chi aveva ucciso l’ufficiale tedesco. Il mattino seguente, 21 luglio, un sergente tedesco chiamò Fedele Vettori, Natale Pacenti, Ferdinando Vettori, Olinto Burgassi e Silio Scarselli, quest’ultimo preso all’ultimo momento al posto di Giuseppe Vettori.
I cinque uomini furono fucilati nei pressi di una quercia secolare vicina a Villa Buonasera. Giuseppe Vettori fu costretto a ricoprire la buca con i cadaveri dei compagni, poi fu fatto salire su un camion, insieme agli altri ostaggi catturati e destinati ai campi di lavoro.
Le famiglie delle vittime seppero della morte dei loro congiunti solo il giorno 27 quando, fuggiti i tedeschi, arrivarono gli Alleati.
Come racconta il parroco don Raspini nel suo diario: “… attaccai un doppio di campane ed il popolo disperso nel bosco e appiattato nel rifugio si riversò alla pieve. Le madri, le figlie… le vedove piansero per breve tempo per la liberazione. Seppero allora dei loro cari fucilati”.
3 Eccidio di Querceto
In questo antico castello, il 24 luglio 1944, nei giorni del passaggio del fronte della seconda guerra mondiale, si compì un eccidio efferato di civili inermi da parte degli occupanti tedeschi che, prima di abbandonare il luogo, vollero lasciare una scia di sangue alle loro spalle infierendo sulla popolazione seguendo le indicazioni del bando del 17 giugno ’44 del feldmaresciallo Kesselring, comandate delle truppe tedesche in Italia.
Gli ostaggi catturati furono radunati al castello, sede locale del comando tedesco, e costretti a scavare le buche, poi, con le mani legate dietro la schiena, fucilati sull’orlo della fossa. Due di essi furono uccisi in modo ancora più crudele: legati a un palo e torturati con mazze e altri attrezzi agricoli.
Tutto questo sotto gli occhi della figlia del proprietario, Anna François, una bambina di dodici anni, che proprio in quel momento era uscita dal rifugio scavato sottoterra.
Tra le vittime anche il fattore dell’azienda agricola: Giulio Fanucci, di anni 75.
Gli altri erano tutti agricoltori: Quintilio Bandinelli, Elio Forni, Olinto Paolini, Pietro Olmastroni, Antonio Pianigiani e suo figlio Gino. Il figlio era stato costretto a portare le bestie al castello e il padre, non vedendolo tornare, andò a chiedere che fosse rilasciato ma fu imprigionato e ucciso anche lui.
Fu anche compiuto un rastrellamento in tutta la zona degli uomini tra i venti e i quarant’anni che furono condotti nei campi di concentramento in Germania; fra questi anche il proprietario del castello di Querceto, Carlo François.
Le vittime sono ricordate nella lapide apposta sul muro del cortile del castello.
4 Eccidio nel bosco di Venagrossa
In questo luogo, il 24 luglio 1944, furono fucilati dai tedeschi Gino Ferruzzi e Dante Calvelli, due coloni inermi, strappati alla vita senza alcun motivo, solo per la ferocia dei nazifascisti che, al passaggio del fronte della seconda guerra mondiale, si abbandonarono a crudeltà inaudite prima di essere cacciati verso nord dagli Alleati.
I due giovani abitavano in case coloniche lontane da qui, nel versante di Greve. Gino Ferruzzi a Ruglianella, Dante Calvelli a Rugliana.
Erano stati catturati insieme, mentre tornavano da governare le vacche che avevano nascosto nel bosco di Uzzano per sottrarle alle razzie dei tedeschi; quando erano ormai vicini al deposito dell’acqua nel bosco delle Fontanelle, dove erano rifugiati gli altri familiari, furono sorpresi da due tedeschi sbucati all’improvviso dalla vegetazione. Gino e Dante, disarmati, non poterono fare nulla; i loro familiari, nascosti a pochi metri da lì, li videro allontanarsi con le mani legate dietro la schiena e il mitra puntato alle spalle.
La mattina seguente, all’alba, dopo una battaglia infuriata tutta la notte, gli inglesi scesero da San Michele verso il passo del Sugame e giunsero a Rugliana, costringendo i tedeschi a fuggire verso San Giusto e la Valle di Cintoia.
Per le famiglie Ferruzzi e Calvelli la guerra sembrava finita, ma di Gino e Dante non si sapeva nulla.
Purtroppo, dopo alcuni giorni, i loro cadaveri furono ritrovati nel bosco di Venagrossa, coperti da delle fascine.
Dante Calvelli aveva 36 anni; la sua famiglia aveva già perso, un mese prima, altri parenti, i Cavicchi, padre, figlio e nipote, nella strage di Pian d’Albero.
Gino Ferruzzi aveva 28 anni; la sua famiglia lo ricorda così: “La guerra che ha devastato la terra nostra, ci ha ferito nel profondo del cuore colpendo te, o Gino, col piombo nefando degli assassini tedeschi. Sei uno della fitta schiera di vittime eroiche ed innocenti il cui sangue purifica l’onta di passati errori e riconduce la Patria sul piano della sua nobile e storica grandezza. A te l’eterno ed affettuoso rimpianto della madre, delle sorelle, del fratello e della tua fidanzata che piange in te il tramonto della felicità sognata”.
Questi sono i fatti della storia, una storia personale per i familiari delle vittime, una storia collettiva per tutti i cittadini della nostra Comunità.
Paesaggio della memoria
Da questo punto di osservazione vicino al Passo del Sugame si può avere una visione di insieme dei luoghi toccati dal “Sentiero della memoria della Valle di Cintoia” e dal “Sentiero della memoria Monti Scalari e Pian d’Albero”. In primo piano, nella valle sottostante, i luoghi degli eccidi qui compiuti nel luglio ’44; nelle colline prospicienti, quelli nei quali dalla primavera dello stesso anno operavano e si erano acquartierate, prima sul Monte Castellino, poi anche sul Poggio la Sughera e sul Poggio Tondo, le formazioni partigiane che dal giugno andarono a costituire la Brigata Sinigaglia. C’era infatti la volontà di andare a costituire una grande brigata a sud di Firenze che al momento opportuno potesse avanzare verso la città e furono quindi fatti qui confluire, insieme ad uomini che avevano già in precedenza operato in questa zona con la “Fantasma” o con altri gruppi, bande partigiane come la “Castellani”, la “Chiatti” o la “Faliero Pucci-Stella Rossa”. I contadini delle case coloniche della zona, in particolar modo le famiglie Venturi a Casa al Monte e a Monte Moggio e Cavicchi a Pian d’Albero, davano loro asilo, facevano il pane per loro, e collaboravano al controllo del territorio. La popolazione della Valle di Cintoia era al corrente della presenza dei partigiani e le botteghe contribuivano, di nascosto, all’approvvigionamento di viveri e sigarette. Il 20 giugno, i nazifascisti individuarono Pian d’Albero e attaccarono il casolare. Nello scontro caddero partigiani e civili, altri furono catturati; condotti a Sant’Andrea a Campiglia, furono impiccati ai gelsi che fiancheggiavano la strada per Figline e lasciati appesi come monito per la popolazione. Fra questi, il giovanissimo Aronne Cavicchi. Un mese dopo, il 20 luglio, nei boschi della Fonte al Gallo, avvenne uno scontro a fuoco fra tedeschi e partigiani, intervenuti per impedire la razzia delle vacche di un contadino, a seguito del quale si scatenò la rappresaglia nazista che portò agli eccidi di civili nella Valle di Cintoia fra il 21 e il 24 luglio.
Va comunque ribadito come le stragi di civili fossero parte di una precisa strategia e di una politica di occupazione condotte contro la popolazione, quasi sempre a prescindere da attacchi messi in atto dal movimento di Resistenza, di una programmatica aggressione contro gli inermi che conta più di 5.000 episodi nel nostro Paese, consultabili in rete nell’Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia.
Persone
Luoghi
La Panca
La Panca si trova sulla strada SP66.